Piano Enegia Clima 

  • Pubblicato il: 08/01/2019 

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Il Ministero dello Sviluppo economico ha comunicato di aver trasmesso a Bruxelles  la proposta di piano nazionale integrato per l’energia e il clima.

Nel documento  tra l’altro viene evidenziata la necessità di “ prestare la dovuta attenzione per assicurare la compatibilità tra gli obiettivi energetici e climatici e gli obiettivi di tutela del paesaggio, di qualità dell’aria e dei corpi idrici, di salvaguardia della biodiversità e di tutela del suolo”.  La mission del Piano nazionale è di attuare una trasformazione  dell’economia con  dei capisaldi come la decarbonizzazione, l’economia circolare, l’efficienza e l’uso razionale ed equo delle risorse naturali per puntare così a una  economia più rispettosa delle persone e dell’ambiente. L’Italia intende perseguire un obiettivo di copertura, nel 2030, del 30% del consumo finale lordo di energia da fonti rinnovabili, delineando un percorso di crescita sostenibile delle fonti rinnovabili con la loro piena integrazione nel sistema. E una quota di energia da FER nei Consumi Finali Lordi di energia nei trasporti del 21,6% a fronte del 14% previsto dalla UE. Inoltre, il Piano prevede una riduzione dei consumi di energia primaria rispetto allo scenario PRIMES 2007 del 43% a fronte di un obiettivo UE del 32,5% e la riduzione dei GHG vs 2005 per tutti i settori non ETS del 33%, obiettivo superiore del 3% rispetto a quello previsto da Bruxelles.

 

Si punta al 55,4% di rinnovabili nell’elettrico, al 33% nel termico (usi per riscaldamento e raffrescamento), al 21,6% per i trasporti (calcolato con i criteri di contabilizzazione dell’obbligo previsti dalla RED II). E Per centrare l’obiettivo sulla domanda elettrica, il maggiore potenziale incrementale tecnicamente ed economicamente sfruttabile, “grazie anche alla riduzione dei costi”, si sottolinea, è negli impianti fotovoltaici ed eolici, “la cui produzione dovrebbe rispettivamente triplicare e più che raddoppiare entro il 2030.”

 

Largo spazio è dedicato  alle fonti energetiche e soprattutto agli interventi sulla riqualificazione degli edifici e sui trasporti, ma alcuni capitoli  si rivolgono anche all’agricoltura, un settore – spiega il documento -  dove “le emissioni riflettono l’andamento di fattori quali il numero e il tipo di animali da allevamento, la variazione delle superfici coltivate e della tipologia di colture nonché l’uso dei fertilizzanti contenenti azoto”.  Variabili su cui incideranno le nuove pratiche agricole delineate dalla Politica agricola comune e dai Piani di sviluppo rurale. Le emissioni  dell’agricoltura negli ultimi dieci anni sono rimaste stabili con un impatto minimo della produzione del biogas e della riduzione dei fertilizzanti.  Le emissioni  per usi energetici nel settore sono passate dal 2005 al 2016 da 9,3 a 7,8, mentre quelle da altre fonti sono passate da 32, 1 a 30,4. Dal settore si attende una riduzione complessiva di circa 2 MtCO2eq.

 

Per quanto riguarda le foreste si rileva negli gli ultimi 25 anni un  aumento della superficie forestale (+23%), di zone umide (+2%) e di area insediativa (+42%) che si contrappone a una riduzione dell'area di pascolo (-5%) e dell'area coltivata (-18%).

L’agricoltura e la zootecnia – sottolinea il piano -  rappresentano fonti rilevanti di produzione di gas a effetto serra, costituiti principalmente da metano, ammoniaca e protossido di azoto con il comparto zootecnico  che produce il 50% delle emissioni agricole.

Per agricoltura e zootecnia dunque sono state indicate alcune azioni. Innanzitutto viene richiamato l’obbligo delle Regioni, nell'ambito dei piani di qualità dell’aria, di applicare pratiche finalizzate alla riduzione delle emissioni prodotte dalle attività agricole, quali la copertura delle strutture di stoccaggio di liquami, l’applicazione di corrette modalità di spandimento dei liquami e l’interramento delle superfici di suolo oggetto dell’applicazione di fertilizzanti, a condizione che tali pratiche risultino tecnicamente applicabili e  sostenibili economicamente.

Il Codice nazionale indicativo di buone pratiche agricole per il controllo delle emissioni di ammoniaca  sarà inserito nel programma nazionale di controllo dell’inquinamento atmosferico e accenderà i riflettori su gestione dell'azoto,  strategie di alimentazione del bestiame; tecniche di stoccaggio e di spandimento del letame e sistemi di stabulazione che comportano emissioni ridotte  e infine la  possibilità di limitare le emissioni di ammoniaca derivanti dall'impiego di fertilizzanti minerali. 

Il Piano evidenzia anche che la nuova Politica agricola comune 2014-2020 è più orientata sull’ambiente. Le misure che troveranno attuazione nel 2021-27 puntano a vincolare di più i pagamenti diretti al rispetto di rigorosi requisiti ambientali, a obbligare gli Stati membri a introdurre regimi ecologici che abbiano un impatto positivo su clima e ambiente, con un utilizzo facoltativo per le singole aziende agricole per quanto riguarda i pagamenti diretti e a introdurre nello Sviluppo rurale i pagamenti per impegni ambientali e climatici .

Il Rapporto annuale sulle foreste italiane inoltre è finalizzato a una maggiore conoscenza del settore e fornisce indirizzi e linee guida a supporto delle amministrazioni regionali.  Tra le azioni sono previsti  formazione degli operatori, iscrizione agli albi delle imprese competenti,  riconoscimento dello stato di abbandono colturale del bosco,  indirizzi di gestione e pianificazione forestale. La gestione forestale sostenibile viene dunque considerata uno strumento per  garantire un aumento nell’assorbimento del carbonio, anche nella produzione di prodotti legnosi di qualità.  Un contributo arriverà poi dal Libro bianco dei boschi d’Italia che raccoglie le percezioni, le esigenze e le necessità della società civile e imprenditoriale, del mondo scientifico e istituzionale sul ruolo del settore forestale.

Sul fronte dei biocarburanti  si prevede il riconoscimento di un premio a quelli avanzati e ai biocarburanti da oli esausti e grassi animali e incentivi al biometano.

 

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