Certificati Bianchi per serre agricole, Tar: fa fede la scheda standard anche se sovraincentivata 

  • Pubblicato il: 15/01/2018 

  • Bio-combustione da biomasse 

La scheda 40 E torna a far discutere, con la pronuncia del Tar del Lazio per nove sentenze depositate il 29/12/2017[i] che hanno interessato alcune aziende agricole ed E.s.C.o. che hanno realizzato un intervento di sostituzione dell’impianto di riscaldamento di serre per produzioni agricole, alimentato a gasolio, con un impianto alimentato a biomasse. che hanno interessato alcune aziende agricole ed E.s.C.o. che hanno realizzato un intervento di sostituzione dell’impianto di riscaldamento di serre per produzioni agricole, alimentato a gasolio, con un impianto alimentato a biomasse.

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Queste imprese avevano presentato al GSE la richiesta di verifica e certificazione dei risparmi secondo il metodo standardizzato (avvalendosi della scheda 40E per le serre agricole), al fine di conseguire gli incentivi dedicati agli interventi di efficienza energetica, ovvero i titoli di efficienza energetica (TEE o certificati bianchi) ai sensi del d.m. 28.12.2012.

Il GSE in tutti i casi aveva riconosciuto un numero sensibilmente inferiore di Titoli perché a una verifica ex post era risultato che ”il risparmio di energia richiesto … è superiore all'effettivo quantitativo di combustibile fossile risparmiato dalla caldaia a biomassa installata per soddisfare il fabbisogno della serra”.

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In un caso ad esempio i Titoli spettanti annualmente, sulla base della metodologia standardizzata della scheda 40E, sarebbero stati incrementati dell’850% rispetto all’effettivo risparmio ricalcolato dal GSE con verifica ex post. Di fatti il proponente ha richiesto un RSL-Risparmio Specifico Lordo (che rappresenta il risparmio di combustibile fossile derivante dall’impiego di una caldaia alimentata a biomassa, ovverosia il consumo di combustibile che avrebbe avuto una ipotetica caldaia alimentata da fonte fossile utilizzata per soddisfare il fabbisogno di energia termica per il riscaldamento della serra oggetto dell’intervento) di 0,0333 tep/mq/anno pari a “circa il 1.000% di quello effettivo (0,0035 tep/mq/anno) derivante dall'installazione della caldaia a biomassa”. Muovendo da tali rilievi, il Gestore ha pertanto riconosciuto un numero di TEE “pari all’effettivo fabbisogno della serra […] ed al reale risparmio di combustibile fossile” (133 titoli di tipo II), determinato applicando all’“unità fisica di riferimento”, ossia alla “superficie di serra riscaldata”, un coefficiente pari al rapporto tra il risparmio indicato e quello effettivo.

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Il Tar del Lazio - Sezione Terza Ter è entrato nel merito sentenziando che anche se a seguito di verifica ex post il risparmio energetico effettivo del progetto risulta decisamente inferiore a quello previsto dalla scheda standardizzata il GSE non può discostarsi da quest'ultima riducendo di propria iniziativa il numero di Certificati Bianchi spettanti. E accogliendo i 9 ricorsi presentati annulla il diniego impugnato dal GSE, obbligandolo al riconoscimento rei restanti Titoli, salvo che il Gestore non ricorra in appello al Consiglio di Stato con sospensione cautelativa della sentenza. Ipotesi molto probabile viste le rilevanze di principio e il rischio del GSE di incorrere i acquiescenza.

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Di fatti il Gestore dei servizi energetici aveva riconosciuto ai 9 ricorrenti complessivamente solo 1.417 TEE contro i 5.416 previsti, avendo riscontrato a valle di richieste documentali che il risparmio effettivo conseguito era molto inferiore. E l’emissione dei Titoli mancanti vale circa 1 milione di euro per il solo anno 2017, se consideriamo il prezzo medio ponderato dei TEE pari a 246,37 euro/tep.

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La scheda 40E peraltro, ricorda lo stesso Tar, è stata ritirata a dicembre del 2015 proprio per evitare il rischio di sovraincentivazione “sulla premessa (tra le altre) che “il meccanismo dei «certificati bianchi» trae le proprie coperture a valere sulle tariffe dell'energia elettrica e del gas e che si rende necessario evitare il rischio di sovraincentivazione dell'intervento di efficienza energetica, coerentemente con i principi di economicità e buon andamento della pubblica amministrazione”, anche “ al fine di evitare il rischio di future procedure di infrazione nei confronti dell'Italia”.

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Nonostante il Tar rammenti ciò, lo stesso evidenzia come “il metodo di valutazione standardizzata”, introdotto nel 2002 e confermato dalla disciplina susseguitasi nel tempo, “prescinde totalmente dall'effettuazione di misurazioni dirette”, non venendo in alcun modo contemplata la rilevanza di dati diversi da quelli contenuti nelle singole “schede tecniche”. Per questo, conclude il Tar, “risulta pertanto non giustificabile la condotta del Gestore, che ha nella sostanza disapplicato la lex specialis dell'incentivazione, disattendendone la finalità di favorire tout court la realizzazione degli interventi oggetto delle schede standardizzate”.

Ribadendo che “la peculiarità del metodo standardizzato risiede proprio nella valutazione ex ante circa il rispetto dei canoni in questione da parte degli interventi considerati nelle schede tecniche e secondo i parametri ivi puntualizzati; parametri tra i quali assume rilievo centrale il numero delle unità tecniche di riferimento, la cui effettiva sussistenza, necessaria per poter erogare gli incentivi, va comunque accertata dal Gestore”, anche ai sensi dell’art. 6, co. 1, d.m. 28.12.2012”.

Non solo, ma il GSE nulla ha dedotto sull’applicazione della medesima metodologia di computo (basata sulla rilevanza dei risparmi effettivi) anche per gli altri interventi contemplati dalle vigenti schede standardizzate (di cui alle delibere Aeeg n. 243/02, EEN 17/09, 111/04, 70/05, EEN 15/10, EEN 4/11 e al d.m. 28.12.2012). Il che induce a ritenere che il meccanismo di riconoscimento dei TEE sia modificabile solo con l’intervento sulla singola scheda standardizzata.



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